Nella grande sala del piano terra la mostra si apre con una “Torre Stella”, costruzione di blocchi di gasbeton a pianta stellare. La stella, sin dall’antichità, è strumento d’orientamento e desiderio. Le punte della Torre si prolungheranno e si propagheranno nello spazio a raggiera, in senso orario. L’interno della Torre sarà parzialmente visibile e si vedranno nette le luminescenze provocate dall’improvvisa oscurità.
In tutta la sala appariranno i segni alchemici normalmente non visibili.
Le siviere sono portantine utilizzate per il trasporto a mano di crogiuoli che contengono il bronzo fuso, incandescente, pronto per essere colato nella forma-valva della scultura in negativo. Esse normalmente svolgono il ruolo di strumenti fabbricanti la scultura, ma nel caso della mostra di Zorio si trasformano lavorando per diventare esse stesse opere d’arte.
Al primo piano la mostra prosegue con un’altra Torre Stella; nello spazio di luce solare la costruzione si propaga nell’area esterna, percorrendo il terrazzo, mentre l’opera Luci, 1968 tenta di competere con il bagliore del sole pronta comunque ad illuminare se stessa e il buio a venire.
Al secondo piano, oscurato, ci saranno contenitori in pyrex, contenitori di gomma, segni e interventi visibili grazie all’uso dei materiali-coaguli ricorrenti nel lavoro di Zorio.
Le luminescenze e le scariche, le scintille Tesla, saranno privilegiate nei tre piani. Luce, buio ed esplorazioni sono temi collegati come gli elementi che indicano le portantine, la stella, le reazioni chimiche, le energie.
Loro sono energie che si raccontano.