Lia Rumma apre il nuovo spazio a Milano in Via Stilicone 19 con una mostra di Ettore Spalletti (Cappelle sul Tavo, 1940), artista che, a partire dalla metà degli anni Settanta, ha creato un linguaggio sospeso tra pittura e scultura, in una attenzione rivolta alla luce ed allo spazio, ricordando tanto l’astrazione moderna, quanto le geometrie della pittura rinascimentale. Le sue campiture cromatiche ricoprono forme essenziali, che, nell’apparente contenimento entro i propri contorni geometrici, diventano evocative grazie alla qualità della pittura che le informa.
Le forme sono disegnate, poi riportate su legno, carta o pietra, e infine dipinte. Il disegno dunque non è che il supporto dell’opera, che nasce soltanto quando il colore prende corpo. Lo spessore di colore è ottenuto attraverso la stesura di strati successivi di un impasto di gesso e pigmenti, in un procedimento lento, che tiene conto dei diversi tempi di essiccazione. Il colore si rivela soltanto nel momento finale di questo lungo processo, quando l’abrasione provoca la scomposizione dei pigmenti, rendendo le superfici polverose, come pelle dalla consistenza vellutata, con infinite sfumature e variazioni tonali.
Poco a poco, il disegno annega nel corpo nascente del colore e accede allo statuto che Spalletti stabilisce per esso, quello del contorno. Non c’è pittura nel senso tradizionale del termine, ma identificazione tra colore e supporto, non c’è scultura nel senso del modellato, perché la carta abrasiva cancella ogni eco di emozionalità.
I colori che caratterizzano il lavoro di Spalletti sono tenui, sempre attraversati dal bianco del gesso che impedisce loro di bloccarsi in un assetto definitivo, restituendo alle superfici un respiro che rimanda alla vita e alla sua figuratività.
“Disporre i colori uno dopo l’altro per descrivere un’immagine, aprendo lo sguardo a luoghi sconosciuti... l’azzurro è un colore atmosferico, gli azzurri usati nelle mie opere sono sempre diversi, anche dosi quasi impercettibili li distinguono. Uso l’azzurro perchè è un colore che non si presenta mai attraverso la superficie del suo esistere ma è un colore in cui siamo immersi continuamente. E così il rosa… uso il rosa perchè è il colore dell’incarnato, quindi ha sempre la possibilità di trasformarsi a seconda della nostra emozionalità. Nel dormiveglia del mare troviamo il grigio argento. Il grigio è accoglienza, è un colore che si muove verso il bianco ma anche verso il nero, che offre la più alta qualità di tutti i colori.”