Dopo la prima personale italiana dell’artista: “The Hidden” (“Il nascosto”), presentata a Milano nel febbraio 2007, il progetto di Tobias Zielony “Vele”, promosso e prodotto dalla galleria Lia Rumma di Napoli, mostra un’animazione fotografica della durata di nove minuti e sedici secondi, ed in esclusiva, la parallela serie fotografica completa, costituita da 16 immagini.

Per tutto il mese di ottobre 2007, e poi a più riprese nel corso dell’anno successivo, l’artista ha esplorato, come consuetudine per il suo lavoro, il modo di presentarsi, le pose e la maniera di “ammazzare il tempo” degli adolescenti dei quartieri periferici della città, rivolgendo lo sguardo ai loro luoghi d’incontro estemporanei nella zona orientale e nell’area nord di Napoli approdando, infine, alle Vele di Scampia.

Gravati da una serie di modifiche nell’esecuzione del progetto (di Francesco di Salvo del 1962-’75), di inadempienze di carattere gestionale e, più in generale, dalle densità eccessive e dal sottodimensionamento dei servizi del piano di zona 167, questi edifici dal carattere monumentale ed antiurbano, sono stati ormai condannati all’inabitabilità da una delibera comunale e ad essere sgomberati e demoliti (il lotto L composto di tre edifici è già stato interamente abbattuto, mentre in autunno verrà presentato dal Comune il piano dettagliato di riqualificazione o sostituzione delle restanti 4 vele del lotto M). Solo un centinaio di famiglie, tra assegnatari superstiti ed occupanti, popolano ancora gli edifici ridotti ormai a rovine spettrali.

Composta da 7000 immagini scattate di notte con una reflex digitale e montate a velocità diversa da quella reale, l’animazione fotografica “Le Vele di Scampia” restituisce in termini di linguaggio filmico il disagio di chi vive o frequenta questi luoghi. Si tratta del terzo lavoro video realizzato dall’artista dopo “The Deboard”, presentato nella sezione “Play Forward” del festival cinematografico di Locarno ‘08 e “Big Sexyland”, entrambi del 2008.

In questa parte di città che ospita, oltre ai quartieri di edilizia sovvenzionata e ai “parchi” delle cooperative private in convenzione, anche un campo rom – e quindi sui pianerottoli della Vela celeste (per il progettista l’ unità d’abitazione b), - modelli identitari d’oltreoceano (la sub-cultura hip-hop e la break dance, per esempio) declinazioni locali di codici globali, ed unici strumenti di reazione alla noia e al degrado, si sovrappongono e confondono con una forte identità locale.

L’opera di Tobias Zielony non si limita a riproporre una cifra stilistica, pur fortemente connotata, ma è prassi osservativa del reale. Per questo il suo lavoro ha subito a Napoli, più che in altre aree metropolitane, delle suggestioni suscitate dalla particolarità del contesto caratterizzato da un vertiginoso tasso di disoccupazione giovanile (50%) e in cui sussistono contemporaneamente estesi fenomeni d’illegalità e sparuti nuclei di resistenza culturale che hanno attivato, con una diffusa pratica associazionistica, iniziative sociali di vario tipo.

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