La mostra è il secondo dei grandi eventi che l’artista, indiscussa protagonista della Body Art, realizzerà in città. Il giorno precedente al museo PAC avrà infatti inizio The Abramović Method.
Si tratta, in entrambi i casi, di progetti inediti – “un artista non dovrebbe mai ripetere se stesso” si legge d’altronde nel suo “Artist’s life Manifesto” – i primi ad essere presentati dopo la titanica performance The Artist is present tenutasi al MoMA di New York nel 2010, dove per tre mesi, ogni giorno, sette ore al giorno, l’artista si è donata al pubblico rimanendo seduta, immobile e rigorosamente in silenzio, di fronte ad una sedia che non è mai rimasta vuota. Su quella sedia si sono avvicendate migliaia di persone e soltanto attraverso lo sguardo si è dato vita ad uno straordinario flusso di energia. Perché, se nelle performance degli anni settanta abbiamo visto Marina Abramović sottoporsi a innumerevoli prove di resistenza fisica e psichica sfidando ogni limite e ogni tabù legato al corpo, oggi l’artista è interessata al concetto di durata e ad un più intenso rapporto con il pubblico. Le sue ultime performance, House With the Ocean View, Seven Easy Pieces e The Artist Is Present, sono una chiara testimonianza di questa evoluzione che compie adesso un ulteriore passaggio.
In questo senso vanno letti i lavori ospitati da Lia Rumma. A dare il titolo alla mostra e a raccontare il nuovo stato dell’artista è un prezioso e rigenerante esercizio di metodo: With Eyes closed I see happiness. Una verità raggiungibile che dischiude infinite possibilità in quel sotteso invito a guardarsi dentro lasciando, questa volta, il mondo lontano da sé. A sottolineare l’importanza di questa pratica, un gruppo di 14 sculture poste su piedistalli di vetro, realizzate a partire dal calco della testa dell’artista e attraversate da cristalli di quarzo. Un cospicuo numero di opere fotografiche di grandi dimensioni, invece, scandiscono l’atmosfera e i gesti essenziali compiuti dall’artista per elevare il suo spirito.
Prove silenti e faticose di contemplazione estatica, per trovare un equilibrio, dare valore alle cose, percepirne il calore, l’energia. Lo spazio vuoto e svuotato, che circonda nelle foto la figura dell’Abramović, fissa simbolicamente l’azione e amplifica la percezione. Il vuoto è lì a condensare il bisogno di nitidezza, che è preludio necessario per qualsiasi concentrazione. Perché è solo nel tempo pregno e illuminato della meditazione e nella tregua attiva del silenzio che è possibile fare spazio, giungere all’essenza.