Un progetto che si presenta immaginifco ed eloquente per la molteplicità e la ricchezza dei rimandi sottesi, per quel che evoca e per la eterogeneità dei mezzi linguistici con cui si manifesta. Ancora una volta Kiefer, nella sua inesausta tensione creativa “si tuffa nella storia” e immette lo sguardo – il suo, il nostro sguardo – là dove la civiltà è nata, in quel lembo di terra che dall’antico Egitto si estendeva fino alla Mesopotamia. Non è la nostalgia ad animare la sua ricerca, quanto il bisogno di interrogare quel mondo, i suoi regni, le sue città e la materia fragile delle sue architetture. Nei paesaggi argillosi e fangosi che aprono la mostra, disseminati di rovine e di vestigia di antichi edifci, Kiefer restituisce frammenti di passato all’uso dei nostri pensieri. Ciò che precipita non viene dimenticato, messo da parte, ma è luogo ancora aperto di costruzione del sapere futuro e di confronto tra Oriente e Occidente. Appare chiara, nei tre lavori intitolati alla Mezzaluna Fertile, la straordinaria capacità dell’artista di catturare, rinnovandola, l’energia che si sprigiona in quel mondo babelico insieme al valore assunto dalla dispersione e dal caos.
Ne è ulteriore testimonianza la suggestiva scultura Bavel Balal Mabul: una vecchia macchina tipografca dalla quale fuoriescono lingue di piombo che corrono in ogni direzione, generando un’eco prolungata e inarrestabile di immagini di costruzioni architettoniche e di torri, ancora. Alcuni degli episodi chiave del Libro della Genesi – la Torre di Babele, la confusione delle lingue, il diluvio – sintetizzati onomatopeicamente nel titolo della scultura, si offrono come paradigmi della creazione tout court, della nascita del linguaggio e della ricchezza della differenza. Ma se compito dell’artista è anche “disegnare connessioni”, “tessere l’invisibile trama tra le cose”, i lavori della nuova serie The shape of ancient thought, evocano sincretiche intese tra tempi e pensieri solo apparentemente distanti. Le affnità tra la flosofa greca presocratica e la sapienza indù, indagate da Thomas McEvilley in un saggio del 2002, prendono forma attraverso quel processo di elettrolisi sperimentato per la prima volta dall’artista in occasione della personale veneziana presso la Fondazione Vedova nel 2011. Le opere si presentano come velari di piombo – materiale per antonomasia del laboratorio artistico di Kiefer – su cui immagini fotografche di templi greci e templi indiani si confondono sotto gli effetti dell’azione chimica, in una assoluta circolarità tra energia che trasforma la materia e memoria, sostanza incandescente della storia e della natura umana. Al lessico alchemico allude anche Il mistero delle cattedrali con cui l’artista celebra la sfuggente fgura di Fulcanelli, autore nel 1926 di uno testi chiave dell’interpretazione della Grande Opera.