La Galleria Lia Rumma di Milano inaugura, giovedì 25 gennaio 2024, la seconda mostra personale dell’artista Giuliano Dal Molin (la prima volta ha esposto nella galleria di Napoli nel 2016).
Forma e colore sono il filo conduttore del lavoro di Giuliano Dal Molin (Schio, 1960) che si caratterizza dalla metà degli anni Ottanta per una continua ricerca di andare al di là della scultura e della pittura. “C’è il desiderio di rompere gli schemi, di uscire dal limite rappresentato dal quadro/finestra che racchiude il racconto per liberare la forma/colore nello spazio” racconta Dal Molin.
Per la personale presso la Galleria Lia Rumma, l’artista, come in un poetico viaggio ascensionale (dal basso verso l’alto), ha ridisegnato completamente i tre piani della galleria, combinando con estrema leggerezza forme e colori, secondo un tonalismo dello spirito che modifica la percezione visiva dello spazio architettonico, che così si apre a molteplici e caleidoscopici effetti ottici ed emotivi. “L’idea progettuale – spiega Dal Molin - ruota attorno ad alcuni concetti ricorrenti che hanno sempre caratterizzato la mia ricerca e il mio lavoro: forma, colore, luce, spazio, essenzialità e rigore. Le opere sono tutte ideate appositamente per gli ambienti della galleria e influenzate dalla luce che naturalmente entra negli spazi, le modifica nel corso della giornata e permette di svilupparne un racconto”.
Partendo dal piano terra della galleria, s’incontrano una serie di forme modulari di grandi dimensioni, collocate a parete in un ordine sparso, che si muovono come a passo di danza lungo una linea ideale. La ritmicità è determinata sia dalla struttura che dall’accostamento cromatico. “La loro distribuzione nello spazio - racconta Dal Molin - prende come punto di riferimento la disposizione delle figure negli affreschi e nei dipinti medievali. In questo caso l’opera vuole esprimere l’essenza stessa della pittura”. Salendo al primo piano sono installati dodici elementi tridimensionali, dipinti con colori primari, secondari, mezzi toni e grigi, che riprendono il concetto di fregio di origine classica, ripensato in chiave contemporanea. “Se nei primi due piani vi è un viaggio visuale dai ritmi sostenuti e con una sollecitazione visiva molto elevata, all’ultimo piano sono necessari un tempo e un’attenzione diversi per percepire le minime variazioni di superfici” continua Dal Molin. Tanto che la sala al secondo piano è interamente dedicata al bianco e alla luce con una sequenza di piccoli lavori rettangolari bianchi di uguali dimensioni, interrotta da uno solo di colore grigio antracite.