La Galleria Lia Rumma è lieta di annunciare lemon yellow, la mostra personale di Haim Steinbach che inaugurerà il 25 maggio 2017 nella sede di Napoli.

Dalla fine degli anni Settanta l’arte di Haim Steinbach si è focalizzata sulla selezione e disposizione di oggetti: in particolare, oggetti di uso quotidiano. Per portarli alla luce, Steinbach crea dei dispositivi espositivi, delle strutture di presentazione. Spaziando dal naturale all’ordinario e dall’artistico all’etnografico, l’artista esplora gli aspetti psicologici, estetici, culturali e rituali degli oggetti e dei loro contesti. Attraverso la sua peculiare modalità di presentazione, Steinbach dà forma ad opere tese a sottolineare l’identità contenuta negli oggetti stessi e i significati creati attraverso la loro interazione. Tramite questo processo, l’artista ha ridefinito lo status dell’oggetto nell’arte.

Nei primi anni Settanta, Steinbach sviluppò una forma riduttiva di pittura che consisteva nella disposizione a griglia di rettangoli o barre colorate. Erano da intendersi come unità di misura, demarcavano spazio e tempo. Come tasti di pianoforte o mattoncini impilabili, gli ‘oggetti’ si prestavano al gioco.

Alla fine degli anni Settanta queste idee portarono a una serie di lavori intitolata “Display”.

Nell’esposizione, il muro, lo scaffale e l’oggetto sono utilizzati come indicatori che riflettono la vita sociale, culturale e politica di tutti i giorni.

Oggetti di tipo sia funzionale che puramente estetico diventano gli elementi chiave della pratica artistica di Steinbach: «Si tratta di riflettere l’oggetto in quanto “allestito”: “display” è presentazione – ha detto l’artista –. È la consapevolezza di essere presenti e di partecipare ai rituali della comunicazione, alla preparazione, alla sistemazione, alla selezione e alla disposizione delle cose».

Con lemon yellow, Steinbach ritorna a esporre a Napoli, nella galleria che nel 1987 ospitò la sua prima personale europea. L’attenzione è ora focalizzata sulla mutevolezza dei significati propri di un oggetto, relativamente al colore e alla forma.

In particolare, i modi in cui l’architettura è oggetto al di là del suo aspetto, forma, colore o dimensione.

Come l’architettura, anche l’oggetto occupa spazio, sia esso l’interno o l’esterno di un volume.

Utilizzando semplici materiali da costruzione - profili metallici e pannelli di cartongesso colorati - Steinbach ci mostra la rappresentazione delle pareti all’interno dello spazio. Queste unità si relazionano con gli interni della galleria, i muri portanti, le finestre e il soffitto, allo stesso modo in cui un altro gruppo di oggetti si definisce ed è definito dagli interni di contenitori indipendenti creati dall’artista.

In questo caso, il dialogo tra oggetto e spazio si estende alla collaborazione tra l’artista e i collezionisti.

A ciascun collezionista è stato chiesto di selezionare un oggetto significativo, capace di evocare un’idea o sensazione di colore. Questi oggetti – un sigillo notarile, una locomotiva, l’opera di Joseph Beuys Capri Battery e Mickey Mouse – sono presentati accanto a un lavoro-oggetto scelto dall’artista – un bruco – e posizionati in contenitori analoghi a teche espositive a parete. Insieme, diventano segni ostensivi di quei rituali condivisi che sono il collezionare e l’esporre.

Riconfigurando così lo spazio, Steinbach ci chiede di riorientare la nostra relazione con quell’ambiente antropizzato a cui di solito non prestiamo attenzione. Qui l’architettura si pone in primo piano, ricordandoci che essa stessa si compone di materiali e superfici culturalmente rilevanti.

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