L’ arte di William Kentridge, nato a Johannesburg nel 1955 dove ancora oggi vive e lavora, interroga la natura delle emozioni umane ed i meccanismi della memoria, il rapporto tra desiderio, etica e responsabilità, così come la costituzione difficile ed incerta di un’identità personale attraverso il nostro modo di costruire la storia e il nostro modo di servircene. E’ un’arte dalle assonanze satiriche in cui la vita è vista come un processo in divenire piuttosto che come un dato di fatto. Benché evochi temi che caratterizzano la condizione umana in genere, la sua arte è fortemente ancorata al suo paese d’origine, paese provato da divisioni e da leggi di separazione razziale (“apartheid”) in vigore fino al 1994. Le sue opere non “illustrano” però la realtà sociale e politica bensì parlano per mezzo di metafore che sono “certamente nutrite dalla società brutalizzata nella cui scia queste stesse metafore si iscrivono” (Kentridge). Il lavoro di Kentridge esprime un’identità culturale ibrida e complessa, europea ma anche permeata dalla realtà africana.
Kentridge spazia in una vasta e diversificata gamma di mezzi e di tecniche: disegni a carboncino, film d’animazione realizzati a partire da tali disegni, video-installazioni e proiezioni sulle facciate di edifici, disegni realizzati direttamente su paesaggi servendosi anche del fuoco. Tutte le sue opere, per quanto siano diversi i linguaggi impiegati, hanno però la semplicità e l’immediatezza di un disegno in cui progettazione formale e padronanza del mezzo da una parte, improvvisazione e “casualità” dall’altra, trovano un equilibrio.
Per creare disegni che “respirino”, dopo aver condotto vari esperimenti nel campo del cinema live actione in quello del cinema d’animazione, Kentridge inizia nel 1989 la realizzazione di una serie di cortometraggi (riversati poi su supporti videomagnetici e oggi su laser disc) intitolata “Disegni per proiezioni”. La tecnica è semplice. Dapprima viene fatto un disegno col carboncino: poi questa stessa immagine viene filmata per alcuni fotogrammi. In seguito il disegno viene modificato - viene in parte cancellato e/o vi si aggiungono altri dettagli - e quindi vengono filmate per qualche fotogramma le nuove immagini. Lo spettatore percepisce così momenti di distacco temporale e spaziale del disegno durante la sua realizzazione piuttosto che l’illusione di un movimento fluido. Il film è la registrazione del processo stesso del farsi di un solo disegno, incerti di quale sia il ‘momento’ definitivo di esso, cioè ‘senza’ alcun momento definitivo. Delle parti cancellate restano tracce visibili nelle fasi successive del disegno. Come nell’esperienza della memoria, elementi del passato fluttuano sullo sfondo del presente e ne determinano l’esperienza.
I film di Kentridge mostrano i “danni” dell’avidità e del potere, la lotta per la libertà e l’emancipazione in un contesto suggestivo, dalle assonanze formali che ricordano il primo espressionismo e il surrealismo, ma anche Goya e Hogarth. Il racconto emerge nei film grazie a sequenze fatte di scene concatenate e con personaggi ricorrenti; tutte le “maschere” create dall’artista propongono diversi punti di vista sul mondo e sulla propria persona. S’incontrano, quindi, il “capitalista” Soho Eckstein col vestito a strisce che possiede miniere, compra poderi e ingrandisce il suo “impero”; il sensuale sognatore Felix Teitlebaum, sempre raffigurato nudo, che s’innamora della moglie di Eckstein e che si scontra con lo stesso Eckstein in una battaglia fra il bene e il male. Sullo sfondo, si scorgono paesaggi devastati e minatori sfruttati, dolore e sofferenza, un paesaggio arido e modellato dalla presenza delle miniere, da scorie di progetti ingegneristici nonché cosparso di disastri ecologici. Il lavoro di Kentridge ha delle assonanze arcaiche eppure è ancorato nel presente. Costruisce narrazioni ed evoca pathos. Il senso di appartenenza ad una “periferia” culturale dell’Europa, e quindi il senso di una distanza anche geografica da un “centro” è tradotto in un immaginario visivo con riferimenti espliciti a oggetti e tecnologie che segnano un distacco storico dal presente. Nei suoi disegni appaiono vestiti, apparecchi telefonici, macchine da scrivere che evocano ricordi d’inizio secolo.