Si inaugurerà sabato 8 settembre alle 18, all'ex Monte dei Pegni di Palazzo Branciforte, la mostra personale di Marzia Migliora (Alessandria, 1972) Voce del verbo avere, nata dalla collaborazione tra Fondazione Merz e Fondazione Sicilia.
L’esposizione, a cura di Valentina Bruschi e Beatrice Merz e visitabile fino al 4 novembre, fa parte delle iniziative di Palermo capitale italiana della cultura 2018 e si inserisce in Punte brillanti di lance, un programma di mostre e eventi avviato nel 2017 dalla Fondazione Merz per la Città di Palermo.
Il progetto di Marzia Migliora prende avvio dalle forti suggestioni restituitele dall’ex Monte dei Pegni, creando un collegamento con il presente a partire dalla memoria storica del luogo, per far scaturire una riflessione politica e sociale sulla condizione attuale dell’uomo. Detto anche Monte dei Panni, il deposito del Monte di Pietà si snoda in un intricato labirinto di stanze con strutture lignee a tutta altezza, composte da scaffalature dove venivano alloggiati i beni impegnati. Per circa due secoli persone in stato d’indigenza vi hanno depositato doti, corredi e oggetti personali in cambio dipoche monete, per poi cercare di tornare a riscattarli.
Le opere progettate dall’artista per lo spazio palermitano prendono avvio dal concetto di economia, a partire dalla scomposizione etimologica del termine in oikos (casa, intesa come famiglia, ma anche beni e comunità) e nomos (regola): al Monte di Pietà le persone indigenti erano costrette a impegnare i beni di famiglia (oikos), per cercare di adempiere alle norme imposte dallo Stato e dalla comunità e per assolvere i bisogni primari di sussistenza (nomos). I due termini rappresentano l’elemento concettuale comune in ogni opera in mostra, insieme alle tematiche del denaro, del cibo e della fame. L’ambiguità del denaro, che da un lato affranca dall’essere schiavo, ma dall’altro istituisce nuove schiavitù, costituisce un concetto fondamentale nell’opera di Marzia Migliora. Dal denaro infatti dipende anche l’accesso al cibo, bisogno primario per la sussistenza dell’essere umano: è quindi la fame l’innesco per far leva e attivare analogie e dissonanze, relazioni tra pieno e vuoto, ricchezza e povertà, indigenza e sicurezza, nutrimento e astinenza, inclusione ed esclusione.